28 dic 2017

L’umiltà sorridente e generosa è purtroppo rara e poco contagiosa

Chi ha una certa età come me, a volte e con nostalgia pensa alla vita del tempo passato. Una vita semplice, povera ma gioiosa, perché si godeva del poco che si aveva e lo si condivideva con chi aveva meno. Ci si aiutava vicendevolmente nel duro lavoro dei campi e… cosa che oggi è fuori moda, si credeva di più in Dio e si pregava, anche lavorando.

La mia passione di lavorare la terra l’ho ereditata dai genitori, umili contadini. Però non sempre lo facevo volentieri, perché era un lavoro pesante, faticoso, e allora papà mi diceva: «Figlio mio ricordati: a chi non vuol far fatiche, il terreno produce ortiche». Infatti era risaputo che chi aveva un po’ di terra, aveva il pane assicurato. Ma c’era purtroppo anche chi non aveva nulla.
Una mamma di cinque figli era rimasta vedova e non sempre aveva di che sfamarli. Perché non piangessero per la fame, fingeva di preparare la cena: attaccava il paiolo alla catena del focolare, ci metteva dentro l’acqua, accendeva il fuoco per la polenta ma, non aveva l’ingrediente, la farina.
Per distrarre i figli perché non sentissero i morsi della fame, e per la grande fede che aveva, prendeva sulle ginocchia i due più piccoli e gli altri seduti davanti a lei, e li invitava a pregare e cantare gioiosamente insieme.
I vicini, quando sentivano quel coro, si affrettavano a portare chi del pane, chi del latte e altri uova e farina per la polenta.

Un momento bello, allegro e istruttivo della vita contadina, era il “filò”, cioè il ritrovarsi insieme alla sera, con i vicini di casa, nella stalla per raccontare le novità, per eseguire il lavoro serale, che per le donne era fare la calza, cucire, e per celebrare il rosario. Gli uomini invece impagliavano le sedie e riparavano gli attrezzi di lavoro. Gli anziani insegnavano ai giovani i proverbi: la saggezza di vita contadina, che si trasmetteva di generazione in generazione.

Persino la previsione del tempo si conosceva nella stalla.
Quando le mucche si sdraiavano per riposare, solitamente si posizionavano come il bue e l’asinello nel presepe: l’una di fronte all’altra. Invece quando era in arrivo una perturbazione, si sdraiavano tutte dallo stesso verso: schiena rivolta a ovest, da dove arrivava la pioggia. E nessuno dubitava, anche se la giornata era stata ben soleggiata, perché era una previsione davvero infallibile.

Tutto sommato, nonostante le ristrettezze, non erano poi così brutti i vecchi tempi perché, come dicevano gli anziani: «Insegna più la povertà, che la filosofia».